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Revoca del consenso dopo il deposito del ricorso congiunto

2025-11-12 11:10

Federica Girardi

Prima della Riforma Cartabia il procedimento di separazione consensuale era regolato dall’art. 711 c.p.c. mentre quello del divorzio era disciplinato

Prima della Riforma Cartabia il procedimento di separazione consensuale era regolato dall’art. 711 c.p.c. mentre quello del divorzio era disciplinato dall’art. 4 della L. 898/1970.

Nel caso di separazione consensuale, dopo il deposito del ricorso congiunto, all’udienza presidenziale, in difetto di conciliazione, veniva redatto verbale nel quale i coniugi confermavano il consenso alla separazione e alle condizioni relative alle parti e ai figli.  Confermate in udienza la volontà di separarsi e le condizioni riguardanti i coniugi e la prole, interveniva il decreto collegiale di omologa che conferiva effetti all'atto di natura negoziale delle parti.

Nel caso invece di divorzio congiunto la normativa imponeva che nel ricorso venissero indicate già compiutamente le condizioni e il tribunale, sentiti i coniugi, doveva solo verificare l'esistenza dei presupposti di legge per giustificare lo scioglimento del vincolo e valutare se le condizioni non contrastassero con l'interesse della prole: in caso positivo, veniva pronunciata sentenza; in caso di contrasto con l'interesse dei figli, il procedimento veniva trasformato in contenzioso.

 

Queste differenze procedurali hanno comportato il formarsi di orientamenti giurisprudenziali circa la diversa efficacia della revoca del consenso all'accordo di una delle parti nel giudizio di separazione rispetto a quello di divorzio su domanda congiunta.

Nella separazione consensuale proprio per la previsione normativa che richiedeva all’udienza la redazione del verbale del consenso dei coniugi alla separazione e delle condizioni riguardanti i coniugi stessi e la prole, si riteneva che il consenso dovesse essere espresso in due distinti momenti: sia all'atto della sottoscrizione del ricorso, sia all'udienza avanti il Presidente del Tribunale (tenuto ad attribuire efficacia all'accordo con il decreto collegiale di omologa). Conseguentemente ciascuno dei coniugi poteva revocare il consenso fino all'udienza presidenziale.

In caso di divorzio congiunto, invece, si riteneva che l'accordo sotteso alla domanda avesse natura meramente ricognitiva con riferimento ai presupposti necessari per lo scioglimento del vincolo coniugale, mentre valore negoziale con riguardo alla prole e ai rapporti economici, tanto che, all’udienza, il Tribunale, sentiti i coniugi, era chiamato a pronunciare sentenza, verificate solo l’esistenza dei presupposti di legge e la rispondenza agli interessi dei figli.  Proprio per questo, in caso di divorzio, la revoca del consenso veniva considerata irrilevante con riguardo al primo aspetto (tanto da non precludere al tribunale il riscontro dei presupposti necessari per la pronuncia di divorzio), mentre veniva valutata inammissibile con riguardo al secondo aspetto, dal momento che la natura negoziale e processuale dell'accordo intervenuto tra le parti escludeva la possibilità di ripensamenti unilaterali.

Tali principi sanciti dalla Corte di Cassazione in più occasioni sono stati recepiti anche dalla giurisprudenza di merito.

 

Con la Riforma Cartabia la disciplina per i procedimenti su domanda congiunta è uniforme sia in caso di separazione sia in caso di divorzio.

La giurisprudenza di merito si è trovata quindi a dover valutare se a fronte del medesimo rito si dovesse valutare diversamente, come fatto antecedentemente, la revoca del consenso prestato nel ricorso congiunto depositato dai coniugi.

Il Tribunale di Venezia ha ritenuto che a fronte della revoca del consenso da parte dei uno dei coniugi il procedimento di separazione consensuale debba essere dichiarato improcedibile (Tribunale Venezia sentenza n. 343/2025).

Il Tribunale di Milano, invece, a fronte di un ricorso di separazione depositato congiuntamente ai sensi degli art. 473-bis.49 e 473-bis.51 c.p.c., nel valutare l’ammissibilità della dichiarazione del marito della volontà di non separarsi alle condizioni indicate e sottoscritte nel ricorso, ha ritenuto che l'accordo intervenuto tra le parti e contenuto nel ricorso per separazione depositato congiuntamente dalle medesime ha natura meramente ricognitiva rispetto ai presupposti per la pronuncia sullo status, mentre ha natura negoziale con riguardo alle condizioni relative alla prole e ai rapporti economici.

Sottolineato, quindi, come, nel caso in esame, la revoca del consenso apparisse un mero ripensamento e/o rivalutazione di elementi già presenti al momento della manifestazione del consenso cristallizzato con il deposito del ricorso congiunto e come le condizioni ivi previste dalle parti rispondessero all’interesse del figlio, il Tribunale, con un ampio excursus sui principi elaborati dalla giurisprudenza nella vigenza della normativa precedente, ha concluso che dopo l'introduzione della Riforma Cartabia anche per la separazione su domanda congiunta debbono applicarsi le regole fissate dalla giurisprudenza di legittimità e di merito in ordine l'inammissibilità e irrilevanza della revoca unilaterale del consenso espressa successivamente al deposito del ricorso (Tribunale Milano sentenza 18.12.2024).

In difetto, dunque, di mutamenti di circostanze rilevanti, il Tribunale ha pronunciato sentenza di separazione personale omologando le condizioni condivise e di cui al ricorso depositato e sottoscritto dalle parti.

Tale orientamento è stato seguito anche da altri Tribunali: il Tribunale di Matera (sentenza 12.03.2025) ha statuito che “considerato che, a seguito del D.Lgs. 149/2022, la separazione consensuale segue il rito e le forme del divorzio congiunto, i due giudizi trovano una uniformità processuale che dà ragione ad un trattamento identico alla revocabilità del consenso”.

 

A cura di avv. Federica Girardi