Le elargizioni alla figlia convivente sono donazioni?

Il caso all’esame della Corte di Cassazione (sentenza n. 18814/2023) pone il quesito se le somme corrisposte dall’anziana madre alla figlia, convivente per 24 anni, dovessero essere ritenute donazioni e come tali lesive della quota di legittima degli altri due figli della de cuius.
Dopo il Tribunale anche la Corte d’Appello, presumendo che solo una parte dei redditi della de cuius potesse essere necessaria per il mantenimento e la cura della de cuius, aveva concluso che la restante parte dei redditi (non rinvenuta nel relictum) dovesse essere considerata un “complesso di donazioni lesive della quota di riserva”.
Di diverso avviso la Suprema Corte che afferma come non possano essere soggette a collazione né a riduzione le elargizioni senza corrispettivo fatte a favore di persona convivente in assenza di accertamento che le stesse siano stata effettuate per spirito di liberalità e non invece in adempimento di obbligazioni nascenti dal rapporto di convivenza.
In particolare, il principio di diritto enunciato dalla Cassazione è il seguente:
al fine di ravvisare presuntivamente la sussistenza di plurime donazioni di somme di denaro fatte dalla madre alla figlia convivente, soggette all'obbligo di collazione ereditaria ed alla riduzione a tutela della quota di riserva degli altri legittimari, tratte dalla differenza tra i redditi percepiti dalla de cuius durante il periodo di convivenza e le spese ritenute adeguate alle condizioni di vita della stessa, occorre considerare altresì in che misura tali elargizioni potessero essere giustificate dall'adempimento di obbligazioni nascenti dalla coabitazione e dal legame parentale e dunque accertare che ogni dazione fosse stata posta in essere esclusivamente per spirito di liberalità”.

A cura di avv. Federica Girardi