Iscrizione all’ora di religione: chi decide per il minore?

All’esito di un primo provvedimento del Tribunale - secondo cui la decisione relativa all’iscrizione all’ora di religione dovesse essere assunta dal padre, con conseguente iscrizione immediata della minore – e di un provvedimento di riforma della Corte di Appello - secondo cui invece, al fine di non esercitare condizionamenti su scelte future dell'adolescente e tenuto conto del contesto famigliare e del percorso seguito già dalla figlia maggiore, si doveva lasciare alla madre la scelta della decisione più rispondente al miglior interesse della figlia - la Corte di Cassazione (sentenza n. 6802/2023) accoglie il ricorso del padre rinviando alla Corte di Appello, altra sezione, sulla base delle seguenti argomentazioni.
La Cassazione, innanzitutto, richiama propri precedenti e anche pronunce della Corte europea dei diritti dell’uomo. In particolare, la CEDU ha già avuto modo di precisare non solo che “talune limitazioni su talune modalità di coinvolgimento del minore in un credo scelto da un genitore non costituiscono una discriminazione se funzionali a garantire e a preservare la libertà di scelta del minore”, ma anche che “l’obiettivo prioritario di tener in conto dell’interesse superiore dei minori consiste nel conciliare le scelte educative di ciascun genitore e nel cercare di trovare un equilibrio soddisfacente tra le concezioni individuali dei genitori, precludendo qualsiasi giudizio di valore e, ove necessario stabilendo norme minime sulle pratiche religiose personali”.
La Suprema Corte precisa poi che, all’esito della disgregazione del nucleo familiare, nell’ipotesi di contrasto tra genitori sul percorso scolastico (nel caso, iscrizione o meno all’ora di religione) si deve applicare l’art. 337-ter c.c. con conseguente scelta in capo al giudice il quale, quale soggetto super partes, in via eccezionale, può ben adottare i provvedimenti relativi alla prole al posto dei genitori, qualora incapaci di concordare le linee educative.
Nell’assumere la decisione il giudice deve essere guidano dal criterio, normativamente previsto, “dell’esclusivo riferimento al superiore interesse, morale e materiale del minore coinvolto, nel caso concreto” a una crescita sana ed equilibrata. Infatti, la decisione del giudice, lungi dall’essere indirizzata da personali convinzioni, va guidata dall’interesse del minore nel caso concreto verificando ad es. quale impegno venga richiesto rispetto alla programmazione scolastica, quali i bisogni della minore non rispetto alla sorella maggiore bensì rispetto all’interesse della minore coinvolta ad avere “continuità socio ambientale nel campo scolastico”.
La pronuncia è interessante anche con riguardo al tema dell’ascolto del minore, laddove il limite di dodici anni viene ritenuto solo tendenziale e l’ascolto deve ritenersi necessario “in tutte le ipotesi in cui il confronto con il minore può offrire al giudice idonei elementi per meglio comprendere quali siano i provvedimenti più opportuni nel suo interesse”.
La Suprema Corte, quindi, nonostante nel caso in esame la minore abbia solo sei anni, ravvisa che la capacità di discernimento deve essere ritenuta sussistente ogni volta che il minore “sia in grado di cogliere dati, informazioni e stimoli provenienti dall’esterno, riguardanti la propria sfera esistenziale ed elaborarli secondo il proprio personale sentire formandosi un proprio coinvolgimento riguardo ad essi, le sue esigenze e i suoi bisogni”.
Puntualizzato infine che l’ora di religione è sempre meno un’adesione a uno specifico credo religioso per essere sempre più una riflessione rispetto a una dimensione spirituale da coltivare nei modi che matureranno singolarmente, gli Ermellini concludono rinviando per la decisione alla Corte d’Appello competente, specificando, da un lato, come debba essere compiutamente valutata la storia della minore (che, ad esempio, aveva già frequentato per tre anni una scuola d’infanzia che comprendeva l’insegnamento della religione cattolica) e, dall’altro, che l’osservazione della minore possa chiarire “l’inclinazione naturale e le aspirazioni del figlio”.
A cura di Avv. Federica Girardi