Infortunio sul lavoro

Natura e limiti della responsabilità del datore di lavoro

Emilio Galbiati

Meritano di segnalarsi due recenti pronunzie della Suprema Corte di Cassazione in materia di infortunio sul lavoro.
Attraverso la loro analisi possono delinearsi la natura e i limiti della responsabilità del datore di lavoro.
Anzitutto, Cass., Sez. lav., 25.10.2021 n. 29909: “Il contenuto dell'obbligo di sicurezza, previsto dall'articolo 2087 cod. civ., non determina una responsabilità oggettiva a carico del datore di lavoro, essendo necessario che la sua condotta, commissiva o omissiva, sia sorretta da un elemento soggettivo, almeno colposo, quale il difetto di diligenza nella predisposizione di misure idonee a prevenire ragioni di danno per il lavoratore. Ne consegue che sono a carico del lavoratore, quale creditore dell'obbligo di sicurezza, gli oneri di allegazione circa la fonte da cui scaturisce siffatto obbligo, del termine di scadenza e dell'inadempimento”.
La sentenza sottolinea un punto essenziale.
Il mero verificarsi di un evento dannoso non è sufficiente a comprovare l’inidoneità delle misure di protezione.
Occorre che venga accertato il nesso causale tra l’evento lesivo e la violazione di determinati obblighi di comportamento imposti al datore di lavoro dalla legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali e tecniche.
In sede processuale il lavoratore è onerato dell’allegazione dell’inadempimento e della violazione degli obblighi di sicurezza, mentre al datore di lavoro fornire la prova del fatto estintivo (ovvero nella fattispecie dell’adempimento o della impossibilità sopravvenuta o infine della responsabilità esclusiva del lavoratore).
A tale ultimo proposito si segnala Cass., Sez. lav., 18.11.2021, n. 35364 (ord.): “In tema di infortunio sul lavoro, di rischio elettivo e della conseguente responsabilità esclusiva del lavoratore può parlarsi soltanto ove questi abbia posto in essere un contegno abnorme, inopinabile ed esorbitante rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell'evento, creando egli stesso condizione di rischio estraneo a quello connesso alle normali modalità del lavoro da svolgere, restando diversamente irrilevante la condotta colposa del lavoratore, sia sotto il profilo causale che sotto quello dell'entità del risarcimento, atteso che la ratio di ogni normativa antinfortunistica è proprio quella di prevenire le condizioni di rischio insite negli ambienti di lavoro e nella possibile negligenza, imprudenza e o in perizia dei lavoratori.”
Con questa ordinanza, la Suprema Corte ribadisce un orientamento già consolidato.
Al datore di lavoro è richiesto di prevedere tutte le condizioni di rischio, al fine di evitare anche comportamenti “colposi” del lavoratore, in un contesto lavorativo che non li consideri o non li impedisca: sussiste rischio elettivo del lavoratore, laddove il medesimo assuma consapevolmente una condotta esorbitante rispetto alle direttive (lavorative od operative) ricevute.