Ancora sull’assegno divorzile

La pronuncia della Cassazione n. 6027/2023 trae origine da un procedimento di modifica dell’assegno di divorzio, determinato oltre 30 prima, a seguito di un matrimonio di breve durata (circa due anni).
Sia il Tribunale che la Corte d’appello, a seguito della richiesta avanzata dal marito per ottenere l’azzeramento dell’assegno in considerazione: i) del nuovo orientamento della giurisprudenza di legittimità; ii) della brevità del matrimonio, dello scarso contributo della ex moglie alla formazione del patrimonio familiare e della capacità della stessa di condurre una vita autosufficiente, si limitavano a ridurre l’entità dell’assegno senza ritenere operanti i nuovi parametri delineati dalle Sezioni Unite nel 2018.
La Cassazione richiama, innanzitutto, la pronuncia delle Sezioni Unite (Cass. SS. UU. 18287/2018) che ha affermato che, stante la funzione assistenziale e in pari misura compensativa e perequativa dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge, affinché venga riconosciuto, devono essere accertati l'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge istante e dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, dovendo poi procedere a una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all'età dell'avente diritto. Infatti, la funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, propria dell'assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita in costanza di matrimonio, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi.
Fatta questa debita premessa, la Corte, pur precisando che nei "giustificati motivi" che consentono la richiesta di revisione non rientra una diversa interpretazione delle norme applicabili data dalla giurisprudenza, afferma che la Corte di merito - nel valutare, in sede di revisione al mutamento delle condizioni patrimoniali delle parti, la ricorrenza dei presupposti applicativi del diritto all'assegno divorzile - avrebbe considerato il solo profilo dell'autosufficienza economica, senza considerare i criteri perequativo-comparativi richiesti dalla giurisprudenza più recente.
Nel caso di specie, allegati e provati i mutamenti delle condizioni patrimoniali delle parti, avrebbero dovuto essere valutati dalla Corte territoriale anche gli altri criteri (brevissima durata del matrimonio, mancanza di un contributo della moglie alla formazione del patrimonio familiare, ecc.) individuati dalla sopravvenuta giurisprudenza delle S.U. 18287-2018, per la verifica del diritto o meno alla corresponsione dell'assegno divorzile.

A cura di avv. Federica Girardi