La disciplina speciale del patto di non concorrenza nel contratto di agenzia

A far tempo dal 1991, nel capo X del titolo III del quarto libro del cod. civ., che contiene la disciplina del contratto di agenzia, è stato inserito un apposito articolo dedicato alla concorrenza post contrattuale da parte dell’agente.
L’art. 1751bis cod. civ., nella sua attuale formulazione, come integrata dal 2000, prevede:
[I]. Il patto che limita la concorrenza da parte dell'agente dopo lo scioglimento del contratto deve farsi per iscritto. Esso deve riguardare la medesima zona, clientela e genere di beni o servizi per i quali era stato concluso il contratto di agenzia e la sua durata non può eccedere i due anni successivi all'estinzione del contratto.
[II]. L'accettazione del patto di non concorrenza comporta, in occasione della cessazione del rapporto, la corresponsione all'agente commerciale di una indennità di natura non provvigionale. L'indennità va commisurata alla durata, non superiore a due anni dopo l'estinzione del contratto, alla natura del contratto di agenzia e all'indennità di fine rapporto. La determinazione della indennità in base ai parametri di cui al precedente periodo è affidata alla contrattazione tra le parti tenuto conto degli accordi economici nazionali di categoria. In difetto di accordo l'indennità è determinata dal giudice in via equitativa anche con riferimento:
1) alla media dei corrispettivi riscossi dall'agente in pendenza di contratto ed alla loro incidenza sul volume d'affari complessivo nello stesso periodo;
2) alle cause di cessazione del contratto di agenzia;
3) all'ampiezza della zona assegnata all'agente;
4) all'esistenza o meno del vincolo di esclusiva per un solo preponente
La giurisprudenza ha evidenziato, attraverso numerose pronunzie, le peculiarità della disciplina del patto di non concorrenza riguardo al contratto di agenzia.
Merita di segnalarsi una pronunzia fondante della Suprema Corte di Cassazione.
Secondo Cass. civ., sez. lav., 31.05.2017, n. 13796 in Guida al diritto 2017, 29, 68: “È legittimo il patto di non concorrenza che non preveda un corrispettivo, ove sia stato stipulato prima dell'entrata in vigore dell'articolo 1751-bis del cod. civ. e anche se il contratto di agenzia cui si riferisce sia cessato successivamente; in mancanza di una disciplina transitoria, infatti, la legge non dispone che per l'avvenire e non ha effetto retroattivo. Anche nel vigore della nuova disciplina, la naturale onerosità del patto di non concorrenza non è inderogabile, in quanto non presidiata da una sanzione di nullità espressa e non diretta alla tutela di un interesse pubblico generale”.
In altri termini, in virtù della previsione normativa specifica, in caso di contratto di agenzia il patto di non concorrenza potrebbe essere previsto esplicitamente come gratuito o come oneroso: anche in difetto di previsione esplicita il patto resterebbe valido, in applicazione della disciplina sussidiaria, che riconosce al giudice la possibilità di determinare in via equitativa una indennità a favore dell’agente, da parametrarsi ad alcuni particolari criteri.
Un’altra peculiarità della disciplina relativa al contratto di agenzia concerne la natura del patto di non concorrenza post contrattuale.
Si veda al riguardo Trib. Roma, sez. XVII, 22.06.2021, n. 10912, in De Jure: “In tema di contratto di agenzia, l'art. 1751-bis c.c. sancisce testualmente che il patto di non concorrenza deve farsi per iscritto e che esso deve riguardare la medesima zona, clientela e genere di beni o servizi per i quali era stato concluso il contratto di agenzia e la sua durata non può eccedere i due anni successivi all'estinzione del contratto. Tale norma, la cui formulazione è ben diversa da quella dell'art. 2125 c.c., non prescrive quindi dei contenuti essenziali che il patto deve presentare a pena di nullità , ma solamente che esso non deve eccedere quei limiti identificati dalla norma, al fine di non causare un'eccessiva compressione della libertà negoziale dell'agente. Pertanto, il divieto riguarda solo la limitazione della concorrenza a zone, clienti e tipologie di generi e beni che non costituissero già oggetto del contratto di agenzia. Quindi, la mancata specificazione nell'accordo tra agente e preponente della zona, della clientela o della tipologia di prodotti e servizi, di per sé, non può determinare l'invalidità dell'intero negozio, fuori del caso in cui, dopo aver proceduto all'interpretazione del contratto, si giunga al risultato esegetico che lo stesso manchi nell'oggetto dei requisiti di determinatezza o determinabilità (art. 1421 c.c., in combinato disposto con l'art. 1346 c.c.)".
Con questa pronunzia si pone in evidenza la particolarità della disciplina del patto di non concorrenza post contrattuale dell’agente ex art. 1751bis cod. civ. rispetto alle previsioni e alle logiche che valgono per i lavoratori dipendenti ex art. 2125 cod. civ. (su cui infra).
Per l’agente, verificato il requisito di sussistenza del patto, ovvero la forma scritta c.d. ad substantiam, non vi sono altre prescrizioni necessarie ai fini della validità del medesimo e valgono quindi solamente i principi generali: l’oggetto deve essere determinato e determinabile (anche attraverso la disciplina normativa sussidiaria).
Addirittura, sempre secondo la predetta impostazione normativa, con solo riferimento all’agente, il patto di non concorrenza non si considera clausola vessatoria in quanto fondato sull’intuitus personae che connota per natura il rapporto di agenzia.
Si veda Cass. civ., sez. II, 14.01.2022, n. 1143, in Rivista di Diritto Industriale, 2022, 4-05-06, III, 357: “In un contratto di agenzia, il patto di non concorrenza che vincoli l'agente per il biennio successivo alla cessazione del rapporto può validamente prevedere che il pagamento del corrispettivo dell'obbligo di non concorrenza avvenga in anticipo attraverso il riconoscimento di un importo in forma percentuale-provvigionale rispetto agli affari procurati: a tale patto non si applica l'art. 1341 cod. civ. in quanto esso è fondato sull'intuitus personae, pertanto non è richiesta la specifica approvazione per iscritto ai fini della sua validità (fattispecie riguardante un patto stipulato nel 1987, prima che l'art. 1751-bis fosse aggiunto al cod. civ. dal d.lgs. n. 303 del 1991, con effetto anche per i contratti di agenzia in corso di esecuzione)”.
Per completezza di ragionamento, al fine di rimarcare la specificità della disciplina riservata al contratto di agenzia, merita dunque di richiamarsi il consolidato orientamento della giurisprudenza sulla diversa disciplina del patto di non concorrenza post contrattuale dei lavoratori dipendenti, ai sensi dell’art. 2125 cod. civ.
Tra le pronunzie più recenti e specifiche si veda Cass. civ., sez. lav., 25.08.2021, n. 23418 in Guida al diritto 2021, 37: “Al fine di valutare la validità del patto di non concorrenza disciplinato dall'articolo 2125 del codice civile, occorre osservare i seguenti criteri: a) il patto non deve necessariamente limitarsi alle mansioni espletate dal lavoratore nel corso del rapporto, ma può riguardare qualsiasi prestazione lavorativa che possa competere con le attività economiche volte da datore di lavoro, da identificarsi in relazione a ciascun mercato nelle sue oggettive strutture, ove convergano domande e offerte di beni o servizi identici o comunque parimenti idonei a soddisfare le esigenze della clientela del medesimo mercato; b) non deve essere di ampiezza tale da comprimere la esplicazione della concreta professionalità del lavoratore in termini che ne compromettano ogni potenzialità reddituale; c) quanto al corrispettivo dovuto, il patto non deve prevedere compensi simbolici o manifestamente iniqui o sproporzionati in rapporto al sacrificio richiesto al lavoratore e alla riduzione delle sue capacità di guadagno, indipendentemente dall'utilità che il comportamento richiesto rappresenta per il datore di lavoro e dal suo ipotetico valore di mercato; d) il corrispettivo del patto di non concorrenza può essere erogato anche in corso del rapporto di lavoro.
Ai fini della validità, dunque, il patto non solo deve essere necessariamente a titolo oneroso, ma addirittura il corrispettivo è soggetto a valutazione di equità e proporzione rispetto alla entità della limitazione imposta al lavoratore.
In questa prospettiva la giurisprudenza di legittimità e di merito ha sottolineato che il patto di non concorrenza del lavoratore subordinato:
- può generalmente considerarsi come una clausola vessatoria (Trib. Savona, 04.10.2023, in De Jure);
- deve avere contenuto determinato per limiti di oggetto, di tempo e di luogo (Trib. Arezzo, 19.09.2023, n. 415, in De Jure);
- non può contenere vincoli tali da “inibirgli senza ragione alcuna la possibilità di ricollocazione lavorativa nel settore ove ha maturato esperienza lavorativa e su tutto il territorio nazionale” (Trib. Milano, sez. lav., 23.06.2023, n. 2243, in De Jure);
- deve essere interpretato secondo buona fede attraverso il bilanciamento tra gli opposti interessi del datore di lavoro, che mira a tutelarsi contro potenziali azioni e del lavoratore, che ha l’esigenza di conservare una libertà sufficiente a reperire una nuova occupazione e di ricevere un corrispettivo adeguato al sacrificio che gli viene richiesto (Trib. Monza, sez. lav., 10.12.2021, n.
637, in De Jure).

a cura di avv. Emilio Augusto Galbiati